Quattro domande all’ospite professor Franco Carcò

( en.vi ) I mass-media, da almeno due anni dedicano colonne e colonne allo “Zika virus” che si sta diffondendo in Brasile, proseguendo un allarme che occupa da tanto tempo l’informazione con l’ebola, con la dengue e con la malattia tropicale chikunnguya riguardante l’Europa. Il grande pubblico, attraverso radio e televisione, che non fanno nulla per spiegare correttamente che cosa accade, si spaventa. E, così, di notizia in notizia, di allarme in allarme, gli scoop giornalistici si esauriscono. Accade in questo modo in ogni autunno anche per le forme influenzali dove, talvolta, si va a caccia di introvabili vaccini esauriti perché si ha grande timore delle conseguenze, oppure si rinuncia agli stessi, pensando di potere fare a meno delle vaccinazioni che alcuni sconsigliano asserendo che essi sono responsabili nei bambini dell’autismo, o di altri guai.
Raramente, nel dubbio, si ricorre a quanti conoscono la materia in modo approfondito, cioè gli specialisti del ramo. Uno di quelli che risponde sempre ai quesiti dei mass-media, è l’infettivologo Franco Carcò che non si sottrae mai a dare risposte scientificamente corrette ma comprensibili al grande pubblico. Questo è, in genere, il metodo adottato dalla cultura anglosassone e americana, in particolare, dove in genere si parla sempre senza fronzoli delle patologie, anche quelle “disperanti” come le neoplasie, più comunemente chiamate “cancro”. Il professor Franco Carcò, con formazione professionale all’Università di Pavia e già dirigente dell’Asl di Vercelli nell’ambito dell’Ospedale Sant’Andrea dove ha diretto il reparto per la cura delle malattie infettive, dal 1997 al 2007 è stato presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Vercelli. Dal 1970  ha la libera docenza di malattie infettive conseguita alla Università di Pavia. E dalla seconda parte degli anni Sessanta ha all’attivo decine di pubblicazioni che riguardano le malattie infettive ma anche l’organizzazione ospedaliera. In parte della sua carriera ospedaliera è anche stato direttore sanitario del “Sant’Andrea”. Il Kiwanis Club di Vercelli, nell’intervista che segue, gli ha chiesto di fare il punto sulle malattie infettive e che cosa ci aspetta nel futuro. Franco Carcò ha aderito alla richiesta per una conferenza fissata per giovedì 9 giugno. Le “quattro domande all’ospite" del Kiwanis Club, che seguono, riguardano l’ebola, lo “Zika virus”, la tubercolosi di cui si ha ancora paura,  la leptospirosi che riguardava le mondariso il cui contratto di lavoro con otto ore operative al giorno fu stipulato poco più di un secolo fa, il tetano che statisticamente in Europa concerne le persone con più di sessanta anni.
  • La “globalizzazione”, che si accentuerà a luglio con il trattato commerciale USA-Unione Europea meglio conosciuto come Ttip, ha riproposto “in grande” le patologie di contagio come già era accaduto nel Medioevo con la peste nera. Gli agronomi e i medici veterinari sostengono che i maggiori viaggi delle merci e degli animali hanno determinato da continente a continente, da stato a stato patologie un tempo sconosciute che si combattono con l’eccesso di fitofarmaci e di medicinali veterinari. E’ così anche per le persone che, magari senza precauzioni, si muovono  di più sulle navi e sugli aeromobili?
    E' un rischio reale legato alla facilità con la quale oggi si viaggia in tutto il mondo. Ciò comporta prudenza e conoscenza delle condizioni sanitarie dei Paesi visitati.
  • Per i mezzi “globalizzati” di informazione,  più di un tempo è diventato una specie di “sport negativo” “seminare” allarmi scientificamente talvolta ingiustificati. Si vedano le  recenti patologie influenzali, l’ebola e, ultimamente, la Zika Virus che in Brasile comprometterà le manifestazioni sportive e, a quanto pare, con il vaccino in preparazione, farà guadagnare molto le multinazionali statunitensi. Ma, in realtà, quale è la situazione? E la popolazione piò stare davvero tranquilla?
    La popolazione non deve stare tranquilla, ma deve essere attenta alle nuove emergenze sanitarie. Bisogna nel contempo evitare di lasciarsi contagiare da informazioni allarmistiche e spesso strumentali che assecondano interessi economici e non di salute pubblica.  
  • Il Kiwanis International ha avviato un programma benefico e di solidarietà  volto all’Africa e all’Asia per combattere con un vaccino poco costoso il tetano nelle puerpere e nei neonati. Al di là degli annunci, talvolta roboanti alla maniera della stampa occidentale, il tetano nelle donne incinta e nei bambini è davvero così diffuso, e la domanda sul tetano  vale anche per le nostre aree?
    Il tetano in Italia, ancora pesente, non riguarda i neonati, ma soggetti con età superiore ai 60 anni, prevalentemente donne,  che non hanno più copertura vaccinale o non l'hanno mai avuta. Non si tratta quindi di un problema emergente, considerando che in Italia si parla di circa 50 casi clinici all'anno.
  • Più di cento anni fa in risaia  e nella Pianura Padana furono conclusi i primi contratti di lavoro che fissavano l’attività giornaliera delle mondariso in otto ore. Secondo i medici comunali e provinciali della provincia di Novara, cui fino al 1927 apparteneva anche il Vercellese, lo stato precario delle lavoratrici di risaia era dovuto alla malaria portato dalle zanzare e alla leptospirosi determinata da topi e rettili presenti negli acquitrini di coltivazione. Oggi, tubercolosi e leptospirosi, più malattie reumatiche provocate dallo stazionamento in risaia, sono solo un ricordo del passato, o costituiscono ancora un forte pericolo sanitario?
    La malaria è malattia che non esiste nel nostro territorio, se non per i casi che arrivano da zone infette e ammalatisi per carenza di chemioprofilassi
    La leptospirosi è ormai malattia del tempo libero (pescatori, escursionisti) e in pochi casi colpisce  agricoltori che per imprudenza mettono gli arti superiori o inferiori non protetti nelle acque stagnanti delle risaie.
    Viene spesso ignorata come malattia perchè simula forme influenzali banali.
    La Tubercolosi è un' emergenza sanitaria legata soprattutto a ceppi  di germi  resistenti ai chemioterapici tradizionali, in particolare presenti in soggetti provenienti soprattutto dai Paesi dell'Est Europa e non solo.