La buona, abbondante acqua di Vercelli

Per il Kiwanis Club di Vercelli, presieduto da Piero Castello, l’8 gennaio 2015 incomincia con un quesito: perché non beviamo la nostra acqua? E Castello, uomo dei computer di Atena invita per una risposta Federico Perini, un altro uomo di Atena, ma che si occupa dell’acqua, fondamentale per il nostro territorio e di cui è ricca Vercelli. Infatti Perini, chimico che per lungo tempo si è occupato di depuratori, è il responsabile del servizio idrico integrato della antica istituzione ottocentesca diventata poi una Società come richiedono le infrastrutture moderne, che a suo tempo portò nelle nostre case acqua, gas e energia elettrica. L’acqua a Vercelli ha una storia lunga e affascinante che si perde nei secoli e che, nei momenti decisivi, ha offerto lo spunto per realizzazioni importanti che nella vicina Lombardia degli Sforza realizzò Leonardo da Vinci con i navigli. I signori piemontesi medioevali portarono i canali fondamentali per il trasferimento dell’acqua, come per esempio il Canale d’Ivrea che anche fu chiamato il Canale del Sale, al tempo elemento determinante per la ricchezza della zona. Negli anni Quaranta dell’Ottocento, i “signori dell’acqua”, forti dei loro privilegi medioevali non riuscirono ad andare al di là della loro litigiosità. E Camillo Benso di Cavour, allora ministro dell’economia, ideò una associazione fra gli utenti del patrimonio idrico, cosicché nel 1853 fu istituita l’Associazione di Irrigazione all’Ovest del fiume Sesia, una delle prime entità consorziali europee dove dominava la “visione di Bismarck”, in assoluto il primo che organizzò gli agricoltori piccoli e medi, gli antenati dei coltivatori diretti. Il governo delle acque, magistralmente attuata dagli ingegneri idraulici del Vercellese che inondarono l’area e impantanarono gli austriaci che nel 1859 stavano puntando su Torino.
Anche l’acqua da bere ha svolto da sempre un ruolo primario, tanto che nel secondo dopoguerra nei 36 comuni di una vasta area di 43.000 ettari a nord di Vercelli, l’acqua potabile fu portata nei cascinali, molti dei quali erano stati costruiti nel XVIII secolo, così favorendo la coltivazione del riso impossibile senza ampia disponibilità idrica. A Vercelli, la captazione sotterranea delle acque avveniva con trivellazioni superficiali. Poi Piero Lucca, sindaco della città e senatore del Regno che anche ideò per primo l’utilizzo industriale dei corsi d’acqua e le tangenziali dell’acqua per ridurre il pericolo di alluvioni, nel primo Novecento stimolò la trivellazione profonda del sottosuolo per reperire buona acqua per uso civile. 
La ricerca di vene sotterranee profonde ebbe subito successo, tanto che l’area intorno alla Basilica di Sant’Andrea divenne quello che adesso sarebbe chiamato un “parco idrico cittadino”. Una testimonianza storica sopravvissuta è la “Fontana del Luca”. Ma, chissà perché, l’acqua di Vercelli è sempre stata considerata con qualche sospetto, e anche accusata di troppa durezza. Di conseguenza, l’alternativa è rappresentata dalle acque minerali che, con costi maggiori, non vengono “dal chilometro zero” bensì da centinaia o migliaia di chilometri. Giovedì 8 gennaio Federico Perini dirà che non è così: l’acqua di Vercelli è assolutamente bevibile e con una bassa durezza, adatta anche agli stomaci meno allenati al “pesantore” minerale.