Gonne con involucri del té e coloratissimi abiti e busti ideati con posate e tovaglioli da cucina

Cinzia Verni, stilista e arredatrice toscana che ha un debole per “un giornale da manager” come il Sole 24 Ore, non è del tutto consapevole del suo lavoro artistico. E, diversamente da tanti suoi colleghi, non insiste su questo suo atteggiamento così sintetizzato: io sono io, ho scoperto il mio desiderio di fare arte in età giovanile e proseguo utilizzando quello che mi mette a disposizione la realtà di tutti i giorni. Quindi le bustine da tè, le posate, i manichini, le stoffe preziose di lana per  mantelli messicani.
Giovedì 14 aprile, invitata a Vercelli dal Kiwanis Club presieduto da Rachele Orsani, al Circolo Ricreativo di via Galileo Ferraris presieduto da Tino Candeli, ha allestito una mostra della sua produzione di stilista e di scultrice e arredatrice, anche utilizzando i “rifiuti” i quali maldestramente buttiamo via, tuttavia non scadendo nel banale secondo il quale l’invasione quotidiana delle nostre “porcherie” si contrastano con la “filosofica attività artistica”. Con questo, è inevitabile la contaminazione fra una attività artistica e l’altra. A Cinzia Verni, che anche non disdegna le “verdure veganiane” al posto dei più scontati fiori sistemati sui tavoli delle riunioni, è stato posto il quesito sulla contaminazione. Da toscana con verve inconfondibile, si è svincolata dalla domanda insidiosa, semplicemente riferendosi a quello che si ha a disposizione e che  - se ne abbiano le qualità creative - viene trasformato e riportato all’onore del mondo. Tutto ciò accade per le suppellettili quotidiane (abiti, pantofole, gioielli e altro) presenti nella mostra di Cinzia Verni, la quale ormai trascorre la maggior parte del suo lavoro artigianale e artistico nella bellissima e dolcissima Perugia.
La rassegna della Verni, voluta da Rachele Orsani e da Tino Candeli, neo presidente del circolo ricreativo vercellese, ha anche rappresentato una svolta: nelle sale ottocentesche di una istituzione cittadina importante, si è ritornati a parlare di arte e stile anche con defilé. Edith e Matilde, due giovani indossatrici dalla prorompente bellezza muliebre, con le loro presentazioni hanno fatto vibrare di vita gli abiti di Cinzia Verni la cui mostra, nel pomeriggio, è stata visitata dai vercellesi i quali avevano raccolto il messaggio: iniziativa a scopo benefico per raccogliere denaro da destinate al progetto Eliminate con il fine di stroncare in Africa e in Sud America il tetano neonatale, piaga mortale per le puerpere dei paesi sottosviluppati. L’iniziativa del Kiwanis Club ha anche coinvolto personaggi di rilievo della comunità vercellese. In particolare Franco Carcò, già presidente dell’Ordine dei Medici di Vercelli e cultore della storia della medicina locale, riferita al lavoro in risaia. Centodieci anni fa, con una dura lotta le mondariso del Piemonte Orientale conquistarono il diritto alle otto ore di lavoro nell’acquitrino di “terre d’acqua” dove si contraevano malaria e altre malattie. Queste storie avvincenti di una località piemontese, da trasferire a livello nazionale, dagli anni Quaranta alla sua scomparsa negli anni Ottanta del novecento sono stati narrati fotograficamente dal fotocronista Luciano Giachetti, meglio noto come Baita. L’immenso materiale di Baita è stato raccolto nell’archivio diretto da Laura Manione, ugualmente presente alla serata dedicata a Cinzia Verni. Anche intervenuti la biellese Maria Francesca Mosca luogotenente eletto per il Kiwanis, Pier Giuseppe Motto presidente eletto del club kiwaniano biellese.