La Decapitazione di Oloferne per vendicare la violenza sulle donne

Cinzia Lacchia, che dirige il museo/pinacoteca Borgogna di Vercelli, giovedì 9 marzo al Circolo Ricreativo di via Galileo Ferrari parlerà di "Donne d'arte", in relazione alla pittura femminile in Occidente sviluppatasi dal XVI secolo, ma anche parlando della "Festa della donna 2017" celebratasi il giorno prima otto marzo. La dottoressa Lacchia, che cura l'immagine del Borgogna per conto dell'amministrazione presieduto dall'avvocato Ferraris, è stata invitata al Kiwanis Club di Vercelli dalla presidente del club, la dottoressa Luciana Berruto. Anche "Donne d'arte" rientra nel programma kiwaniano dedicato alle donne che con il loro lavoro si sono imposte, diventando un riferimento per la comunità. Nel caso della dottoressa Lacchia, da alcuni anni alla direzione del "Borgogna", la sua attività riguarda principalmente tre aspetti: la conservazione del museo che si è sempre più imposta in città e in Piemonte; il rapporto costante con i ragazzi che si sono via via avvicinati all'arte di cui il "Borgogna" è una documentazione in diverse epoche; la sistematica trasformazione del museo in "strumento didattico" per mezzo di numerose iniziative che concernono la musica, oltre che la pittura. "Donne d'arte" focalizza la presenza del "femminile" nella grande pittura. Fino al tardo medioevo era interdetta alle donne. Poi, fra Cinquecento e Seicento, le figlie di alcuni pittori impararono l'arte dai padri e si imposero. Fra le altre, Artemisia Gentileschi firmò la tavola "Giuditta che decapita Oloferne", custodita a Firenze nella Galleria degli Uffizi e soggetto anche prescelto da Caravaggio. Il quadro, secondo i critici e gli storici dell'arte, è una testimonianza di ribellione della pittrice al predominio maschile rappresentato dai tanti Don Rodrigo dell'epoca, anche evocati da Alessandro Manzoni nei "Promessi sposi". Artemisia Gentileschi subì una violenza sessuale da parte di un conoscente che frequentava lo studio del padre. E la pittrice in "Giuditta che decapita Oloferne" descrisse nella tela la protesta verso la violenza, nei secoli diventando un simbolo/memento a favore dell' "altra metà del cielo" violata dal "maschile" come, purtroppo, accade di frequente anche oggi.