Le donne d’arte di Vercelli nell’Ottocento cittadino

Giovedì 9 marzo, prendendo spunto dalla Festa delle Donne dell'8 marzo, la dottoressa Cinzia Lacchia, conservatrice del Museo-Pinacoteca Borgogna, al Circolo Ricreativo di via Ferrari ha parlato delle "donne d'arte" che hanno cadenzato i secoli, in particolare dal Cinquecento al Novecento. Anche secondo numerosi storici dell'arte, una ventina di "donne d'arte" italiane, europee e americane, hanno determinato una svolta nella "storia del bello" accanto, o contro, gli uomini che avevano dominato l'arte e l'architettura dall'epoca medioevale. La conferenza, assai seguita, è stata promossa dal Kiwanis Club di Vercelli e dalla sua presidente dottoressa Luciana Berruto. L'appuntamento culturale, come Luciana Berruto ha ricordato, rientra nel novero delle iniziative nell'anno sociale 2016/2017 dedicate alle donne che nelle molte discipline intellettuali si sono distinte, conseguendo posizioni di prestigio. Una di queste è la dottoressa Cinzia Lacchia che entrata al Borgogna 17 anni fa, dopo essersi laureata all'Università di Vercelli ed essersi specializzata all'Università di Bologna, ha contribuito a dare una impostazione diversa al Museo Borgogna, presieduto dall'avvocato Francesco Ferraris. Cinzia Lacchia ha riservato molto spazio alle "mitiche pittrici" dal Cinquecento all'Ottocento, alcuni lavori delle quali si trovano al Museo Borgogna.
Ma la seconda parte della conferenza di Cinzia Lacchia è stata dedicata alle "donne d'arte" vercellesi e al suo territorio. In particolare, il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento a Vercelli è stato molto importante per i ritratti e gli acquarelli cui si è aggiunto un personaggio femminile popolarissimo: la mondariso che ha ispirato tele sul lavoro durissimo in risaia e che con il suo movimento sindacale conquistò la giornata lavorativa di otto ore. In proposito un documento pittorico presente al Borgogna è il quadro "In risaia" di Angelo Morbelli. Fra le istituzioni che "fecero germogliare" le "donne d'arte" vercellesi, va ricordato l'ottocentesco Istituto di Belle Arti, costituito per avviare le giovani generazioni alla disciplina del disegno e della pittura.
Con un garbo proprio di Cinzia Lacchia, la seconda parte della sua conferenza si è trasformata in una "gentile requisitoria" su Vercelli che anche tende a dimenticarsi delle sue artiste donne che, comunque, fra Ottocento e Novecento hanno dato lustro alla città, fra cui appunto la mondariso. E alla mondariso l'arte a Vercelli ha ricordato il personaggio ormai diventato ugualmente mitico: il monumento in piazza Roma davanti alla Stazione Ferroviaria dedicata al seminatore di Attilio Gartmann, "non rotonda spartitrattico" come ha annotato Cinzia Lacchia, bensì espressione dell'arte vercellese ottocentesca; e la figura bronzea nei giardini della Stazione di Agenore Fabbri che presenta incavi, sofferenza simbolica del lavoro in risaia. Anche questo monumento, voluto dalla amministrazione civica e dall'assessore alla cultura del tempo Marco Barberis ha suscitato più di una polemica, così come il monumento a Camillo Cavour nella piazza omonima, ormai dai vercellesi reputato uno dei simboli della città.
La dottoressa Lacchia ha anche accennato agli studi in atto, dedicati alla scultura nel Cimitero di Billiemme, così come da anni sta avvenendo nei cimiteri storici di Staglieno a Genova o al cimitero Monumentale di Milano. Nel cimitero di Billiemme c'è anche la tomba con i busti di Ida e Nadia Caciagli tempo fa oltraggiata dai vandali. Anche le due sorelle Nadia e Ida appartengono alla storia di Vercelli fra Ottocento e Novecento. Entrambe originarie di Trino, Nadia si distinse come campionessa di automobilismo, richiamata con un cenno riportato nel volume "Storia di una passione senza tempo" (edizione ACI di Vercelli, autore Enrico Villa). Invece Irma Caciagli, nell'Ottocento in medicina esclusivamente riservata agli uomini, fu la prima specialista di ostetricia e ginecologia. Quando era commissario al comune di Trino, il vice prefetto Raffaella Attianese propose alla città di Trino di intitolare una via alle due donne. Per adesso la proposta si è persa nei meandri della burocrazia trinese.