La perfezione della natura che stupiva Kant

di Enrico Villa
Immanuele Kant (1724/1804) il filosofo di Konisberg, grande illuminista della ragion pura e della ragion pratica, si stupiva ogni volta che constatava la perfezione della natura anche nelle sue mille variazioni fantastiche. Il professor Marco Milanesio e la sua équipe di collaboratori che hanno allestito nel Complesso San Giuseppe dell’Università Amedeo Avogadro la mostra Cristalli…ad arte non si sono dimenticati di Immanuele Kant. Anzi, lo hanno collocato in una posizione evidente sui pannelli della mostra, collaterale dell’anno della cristallografia che rimarrà a disposizione di studenti e di adulti fino al 30 gennaio del prossimo anno.
Ma non solo Kant, che in parole più semplici del linguaggio accademico sosteneva che ciascuno di noi deve sempre ragionare con la propria testa, non cedendo agli eccessi di emotività e di pregiudizio come anche teorizzavano Voltaire e gli altri grandi illuministi francesi. La rassegna, infatti, collocata in due sale al piano terreno del Complesso Universitario San Giuseppe appena inaugurato,  tratta dei minerali, della fisica e della chimica, “travi portanti” della scienza, ma rimanda anche ad altro. Vale a dire all’intimo composizione della materia che è fatta di atomi e di molecole, spunto per le elaborazioni fantastiche dell’arte che, in realtà, sempre prende a modello la natura e le sue perfezioni. Già il 5 novembre, quando fu inaugurato il Complesso San Giuseppe, i tre scienziati relatori (Marco Milanesio, Michele Zema, Davide Viterbo) evidenziarono questa realtà generale: la cristallografia, da cui tutto muove, non è “freddamente scientifica” né si oppone alle tante manifestazioni artistiche, elencandole: pittura, architettura, letteratura. E il professor Davide Viterbo dell’ Università del Piemonte Orientale amico di Giovanni Ferraris ordinario emerito dell’Università di Torino nonché uno dei fondatori del Kiwanis Club di Vercelli e di Primo Levi, ha insistito, in particolare, su un aspetto: Levi era un chimico  ma la chimica non gli impedì di scrivere bellissimi libri, tra cui Se questo è un uomo sulle sue tragiche esperienze nel campo di sterminio tedesco e Il sistema periodico. Questo secondo volume dalla critica non solo letteraria fu così giudicato: il miglior libro di scienza mai scritto.
Illustrando nelle vetrinette e nei cartelli della mostra sulla cristallografia e sull’arte, Marco Milanesio e la sua équipe hanno ovviamente citato i vari minerali e i vari cristalli che popolano la Terra, la scala dell’ingegnere minerari tedesco Friederich Mohl che nei primi anni dell’Ottocento stabilì un metodo empirico per valutare da uno a dieci la durezza dei minerali e la svolta della scienza applicata per cogliere in profondità, attraverso il raggi X, l’intima natura e coesione sempre razionale dei minerali. Tuttavia, i curatori della mostra non hanno trascurato il mondo dell’infinitamente piccolo che anche alberga nella cristallografia e la storia di Mauritius Cornelius Escher che, pur non essendo un cristallografo, con la sua fantasia e il “senso dell’impossibile e dell’infinito” ai cristallografi diede una mano robusta.
Mauritius Cornelius Escher (1899/1972) era un olandese irrequieto che amava straordinariamente il disegno e quanto stava dietro al foglio predisposto ad accogliere le incisioni e le acqueforti. A Vercelli un artista di rango così, però più affascinato dalle atmosfere lunari, è stato Armando Donna. Escher come tanti maestri perseguitati dalla incapacità espressiva oltre ogni limiti, come anche accadde a Picasso e a Salvator Dalì che alla fine si rifugiarono nella psicanalisi, aveva un cruccio: non potere andare al di là, appunto, del foglio di disegno, tanto è  vero che giudicava la sua produzione a due dimensioni illusoria. Invece, le composizioni regalatici dalla natura con i minerali, oggetto fondamentale della cristallografia, sono sempre a tre dimensioni. Quindi reali. L’incisore e acquafortista olandese, specialmente dopo un lungo viaggio in Italia e in Spagna con le sue elaborazioni al limite dell’impossibile, in ogni caso sempre contenuta nella superficie del foglio, si mise ad imitare la natura. E le tante variazioni sul tema, assolutamente razionali come già pensava Immanuele Kant. C’erano rapporti matematici, fisici, cristallografici in tutto ciò. Gli studiosi di scienza ne furono attratti, anche perché le sue incisioni e le sue acqueforti erano molto immaginifiche, però mai banali, così come anche sono le architetture dell’ Alhambra spagnola e di altri monumenti prodotti dall’architettura araba. Infatti l’ Islam vieta di riprodurre le persone. I capolavori islamici, perciò, riproducono le composizioni razionali dell’”anima” dei minerali in genere diventati capolavori, che negli anni Venti e Trenta del Novecento anche ispirarono Mauritius Cornelius Escher facendolo diventare un grande artista imitatore, fin dove  era possibile, della natura, stimato a livello internazionale dalla cristallografia. In fondo, questo è il messaggio culturale (oltre che rigorosamente scientifico) che anche promana dalla mostra allestita nel Complesso Universitario San Giuseppe  per celebrare l’anno internazionale della cristallografia. Esso, nella ricerca universitaria e nelle applicazioni dei più svariati campi tecnologici, promette molto per il futuro.