La scherma a Vercelli, un mito da oltre un secolo

di Enrico Villa
Nel 1895, il Club della scherma di Vercelli, che venne sollecitata e sostenuta da un gruppo di giovani appassionati, trovò una bella sede in piazza Cavour nell’ambito dei Magazzini Calcaterra. La città che dopo trent’anni dall’Unità i cui abitanti avevano dato molto, era ormai avanti nel suo decollo il quale, fino alla prima guerra mondiale, le avrebbe permesso di affrontare bene il ventesimo secolo. E, ormai da anni, si erano affermate molte attività sportive, prima di tutte quelle in velocipede, nella ginnastica, nel tiro a segno e in altre specialità minori che attiravano tanti spettatori nel capoluogo e in tutti i centri del territorio. Già nella primavera del 1884 Giovanni Rumi, ex garibaldino con tante medaglie al valore che gli fregiavano il petto, scelse il corso principale di Vercelli - intitolato a Carlo Alberto e poi diventato corso Libertà - per una gara-spettacolo podistica la quale attrasse una marea di gente curiosa per quell’evento. Questi risvolti di cronaca-storia, spicchi di una vicenda importante per i vercellesi, sono anche  rievocati da Lorenzo Proverbio nel bel capitolo Bianche Casacche ed altre storie, parte della Storia di Vercelli - in età moderna e contemporanea (Utet, 2011) a cura di Edoardo Tortarolo, ordinario di storia moderna all’Università Upo di Vercelli, Novara, Alessandria.
Nell’ultimo trentennio altri, fra cui il compianto Sergio Robutti scomparso da pochi giorni, Francesco Leale e Marco Barberis hanno raccontato nei dettagli la nascita e lo svilupparsi degli sports a Vercelli. Ma Lorenzo Proverbio nel suo saggio, accanto all’agonismo generato dall’entusiasmo della comunità vercellese di più di cento anni fa, ha collocato numerose annotazioni di sociologia. Originariamente le attività sportive di quei decenni avevano le loro radici nella cultura militare che, al di là del Risorgimento e dell’Unità, caratterizzavano le collettività piemontesi le quali facevano riferimento a Casa Savoia. E, fra di queste, la scherma. Questo  richiamo pare giusto  parlando della 48a edizione del Trofeo Marcello e Franco Bertinetti di spada maschile a squadre. In questo stesso sito Italo Monetti, socio del Kiwanis Club di Vercelli - per la prima volta sostenuto dallo sponsor Angelo Santarella, altro socio del Kiwanis Club - racconta  la caratteristica del quarantottesimo trofeo, in scena il primo febbraio con conclusione al Teatro Civico. Tocca però, anche purtroppo per ragioni anagrafiche a chi scrive queste note, cercare di schizzare le figure di Marcello Bertinetti (1885/1967) e di Francesco Visconti (1882/1967). Senza questi personaggi, davvero diventati mitici, a Vercelli la scherma non sarebbe diventata quello che fu e ancora è, come ogni volta che si presenta l’occasione evidenzia sottolineandolo con forza Italo Monetti, anima del trofeo ma soprattutto dell’Associazione Scherma Pro Vercelli e della sala di scherma frequentata da tante giovani promesse.
Lorenzo Proverbio racconta che le prime vibrazioni, derivanti dal desiderio di attività fisica in competizione da cui per costume del tempo erano escluse le donne che - è bene ricordarlo - anche non potevano votare, risalgono agli anni Quaranta dell’Ottocento. Poi ci furono scoperte di nuovi sport e risvegli di quelli già praticati, tanto è vero che timidamente i giornali locali, come la vercellese La Sesia, nei loro resoconti incominciarono ad usare il vocabolo Sport. A proposito del genere femminile escluso, nei suoi libri Sergio Robutti riferisce poi un episodio clamoroso per l’epoca: a Milano, quando già si percepiva l’inizio del nuovo secolo, le operaie Maria Tamburini e Angela Pozzi furono le uniche partecipanti ammesse ad una competizione podistica che si concludeva a Porta Venezia.
Negli stessi anni delle due suffragette sportive, a Vercelli anche attraverso le scuole tecniche si affermò l’attività ginnica e quella ciclistica grazie ai velocipedi (biciclette prima con due ruote di diametro diverso e, poi , pesantissime) emersero e si affermarono i quattro padri dello sport vercellese, in buona parte anche di quello piemontese: il professor Domenico Luppi, Giovanni Cavanna già ufficiale del Regio Esercito, Marino Frova che si era trasferito da  Milano a Vercelli, il tipografo Felice Chiais. In questa rosa storica va anche ricordato l’avvocato Luigi Bozzino, ugualmente appassionato di tutti gli sports praticati e da praticare, che si aggiunse agli altri quattro e che, poi, avrebbe dato luogo ad un’altra epopea: quella delle bianche casacche, anche chiamate negli anni semplicemente Pro Vercelli o anche Leoni. Giovanni Cavanna, però, era  un insuperabile maestro d’arma che dirigendo la sua sala nel frattempo istituita, mise gli occhi su un  giovane di talento sportivo, particolarmente distintosi negli assalti di scherma propostigli  per prova: Francesco Visconti. Anni dopo, Visconti fu il successore di Cavanna - e sottolineano gli appassionati e gli intenditori - è stato uno dei più grandi istruttori di scherma a livello internazionale, tanto che negli anni Trenta anche il capo del governo Benito Mussolini lo volle come insegnante a Roma, a Palazzo Venezia.
L’affermazione a Vercelli delle diverse specialità sportive, con al culmine dal 1903 la Pro Vercelli Calcio e la scherma di Cavanna,  in automatico creò un vivaio dal quale usci un campione insuperabile, iniziatore in quel primo scorcio del ventesimo secolo di iniziatore e di  cultore di tante altre discipline sportive: lo studente Marcello Bertinetti, che si sarebbe poi laureato in medicina e che sarebbe diventato medico militare raggiungendo il grado di generale.
Il generale Bertinetti - chi scrive queste note ha conosciuto come anche il maestro Visconti, grande schermitore - ha avviato una schiatta insuperabile di campioni fra i quali il figlio Franco e il nipote Marcello, tutti e due ingegneri, azzurri e che con il generale Marcello danno nome al trofeo sostenuto negli anni dal comune di Vercelli, dalla Provincia, dalla Regione Piemonte, dalla fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, anche con il contributo se pur modesto del Kiwanis Club di Vercelli e di altri.
Ma parlando del medico militare e generale Marcello Biginelli non si possono dimenticare due altri risvolti del suo carattere deciso e che  non ammetteva tentennamenti: la partecipazione negli scorsi anni Quaranta alla Campagna di Russia con l’invito perentorio a colleghi troppo pretenziosi nella ritirata e nel ritorno in Italia ad essere coerenti nonché rispettoso di quanti, salendo sul treno-tradotta, erano angustiati da problemi di grado; e la grande considerazione per la risicoltura, attività economica fondamentale per il Vercellese. Quest’ultimo aspetto è stato scovato da Lorenzo Proverbio e riferito nelle note alla fine del suo saggio. Il medico Bertinetti infatti era un grande estimatore del riso cui attribuiva un effetto benefico per quanti vivevano in risaia nutrendosi del cereale, mentre lo stesso non si poteva dire di quanti lavoravano nelle fabbriche valsesiane e biellesi. La constatazione, che adesso farebbe felici gli esperti di marketing, fu fatta nel 1924 quando il dottor Bertinetti, impegnato nella selezione della visita militare per il reclutamento, visitava centinaia di giovani, soffermandosi così sulle loro caratteristiche fisiche. E i giovani del Vercellese risultavano fisicamente aitanti perché questo - secondo lui che anche lo scrisse in un articolo - era il buon nutrimento che veniva dal riso e dal lavoro nei campi.