Perché non beviamo la nostra acqua? Quattro domande a Federico Perini
Federico Perini, 55 anni, vercellese di Roma essendo nato nella Capitale, però avendo studiato nel Vercellese dove ha conseguito il diploma di perito chimico e ha lavorato a lungo negli impianti di depurazione dell’acqua, è dal 1995 responsabile del servizio idrico integrato di Atena. In relazione a questo incarico, che riguarda anche la salubrità dell’acqua possibile veicolo di inquinamento per i processi chimico-fisici in superficie e nel sottosuolo, Perini è stato invitato dal Kiwanis Club di Vercelli, presieduto da Piero Castello, per una conferenza, l’8 gennaio 2015, sul tema perché non beviamo la nostra acqua e sugli altri smisurati argomenti idrici nel Vercellese, in Italia e nel mondo. Il tecnico dell’Atena ha rilasciato per il nostro sito anche una intervista esclusiva, rispondendo alle quattro domande che per noi, ormai, sono diventati una tradizione. E in questo contesto, da specialista, Federico Perini rammenta che fino alla metà dell’Ottocento a Vercelli, per garantire l’acqua potabile si cercavano le vene superficiali. Tuttavia, forse anche per la risaia ma soprattutto per le vicine montagne, il sottosuolo profondo è ricco di incontaminate risorse idriche. Le trivellazioni in profondità dei pozzi incominciarono nel 1902 ai tempi del sindaco ingegner Piero Lucca poi diventato senatore e che cadenzò la storia del primo Novecento della città.
L’acqua che beviamo non è solo eccellente da un punto di vista chimico-fisico, ma è di prima qualità, concorrente delle tante minerali.”La durezza dell’acqua di Vercelli - osserva Perini - è intorno a 10, quindi senza problemi di digeribilità. Paragonata a quella di Roma, là la durezza è intorno a 45-50”
- Siamo fatti d’acqua. Senza acqua non ci sarebbe vita sulla Terra. Ma perché l’acqua è più importante del petrolio e perché potrebbe scatenare conflitti drammatici?
C’è solo la possibilità di scatenare “altri” conflitti per avere la disponibilità dell’acqua perchè siamo già in guerra da molti anni, basti pensare al dominio dei proprietari terrieri dei primi del ‘900, alle diatribe dei paesi africani e del sud America, all’egemonia dei produttori di acqua minerale per arrivare, nel nostro “piccolo”, all’attuale gestione dei Servizi Idrici da parte delle ATO, che guarda caso dopo circa venti anni non riesce a far mettere d’accordo i vari gestori del territorio per definire un “gestore unico” come previsto da normativa; questa non è guerra?
- L’economista Paolo De Castro dell’Università di Bologna evidenzia che l’acqua è mal distribuita sul Globo: il 15% in Amazzonia dove vive l’uno per cento della popolazione mentre il 7% in Cina dove vive il 20% delle persone. E le Nazioni Unite sostengono che investendo solo lo 0,16 % del Pil Mondiale si renderebbe più armonica la distribuzione delle risorse idriche. Ma è proprio vero, e che bisognerebbe fare in Italia e in Occidente?
In Italia ed altri paesi occidentali, non tutti fortunatamente, la possibilità di intervenire per rimuovere le varie situazioni di criticità non è così remota. L’acqua c’è e basta prenderla nel modo corretto e soprattutto gestirla e restituirla al territorio nella maniera più consona, occorre soltanto volontà, onestà e buona preparazione di chi è addetto ai lavori.
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Senza acqua l’agricoltura della Pianura Padana non avrebbe conosciuto il suo rigoglio, anche tenendo conto che il 40% delle risorse idriche è assorbito dal settore primario e che con la capacità di stoccaggio come le “banche dell’acqua” così definite negli anni Ottanta, cioè le dighe, negli ultimi cinquant’anni i sistemi irrigui e di distribuzione sono aumentati del 700%. Ma l’acqua è un elemento che anche favorisce grandemente l’inquinamento. Che cosa fare per determinare un inversione di tendenza e puntare davvero alle acque davvero pulite?
- Ritorniamo al petrolio di cui il gas metano è un derivato fisico-chimico. Perché, giudicando dalle bollette commerciali, l’acqua potabile e per uso civile costa circa il doppio del metano?
Questo dipende principalmente dai costi di gestione ed investimento da sostenere annualmente che richiedono interventi costanti per mantenere efficiente il servizio. Come possiamo in Italia recuperare una grave situazione di criticità legata al precario stato di conservazione delle infrastrutture, contenendo al minimo i costi della tariffa?
Risposta ovvia: Se operiamo bene e manteniamo il costo attuale dell’acqua probabilmente impiegheremo almeno un tempo di 4 volte superiore rispetto agli altri per allinearci allo standard gestionale europeo.